Rezension von SubTerraMachIneA auf Musikzirkus-Magazin.de

Stefan Schelle vom Musikzirkus-Magazin hat eine freundliche Rezension geschrieben. Hier ist sie:

Gerd Weyhing – SubTerraMachineA
Eigenvertrieb (2019)

(3 Stücke, 37:49 Minuten Spielzeit)
Der aus der Pfalz stammende Gerd Weyhing ist Komponist und Musiker in den Bereichen Progressive Rock, Ambient, Drone, Soundscapes und Electronic Music. Er ist Multiinstrumentalist und beherrscht Akkordeon, Klarinette, Tasteninstrumente, Gitarre und Schlagzeug. Zu seinen Inspirationen zählen u.a. die Beatles, Mike Oldfield, King Crimson, Gentle Giant, Genesis, Magma, Klaus Schulze, Steve Reich und Nik Bärtsch’s Ronin. Bereits im Jahr 2018 ist dieses Werk erschienen, das mir aber erst vor kurzem ins Haus flatterte.

In den 90ern war er als Gitarrist, Sänger und Komponist/Texter der Progessive-Band „Brightness Falls“ tätig, (benannt nach einem Stück von Robert Fripp und David Sylvian). Die Band spielte u.a. auf der ProgParade#1 in Bonn, löste sich aber nach einigen Jahren auf. Die Überreste machten (hauptsächlich ohne Gerd) unter dem Namen „B4 Sunrise“ weiter, bestehend aus Reinhold Krämer, Wolfgang Bechtluft, Michael Brückner etc.

Gerd Weyhing hat bereits einige Alben veröffentlicht, von denen „The Secret Life Of The Fireflies“, „Live in Koblenz – 03.09.2016“ sowie das aktuelle Album „SubTerraMachIneA“ (erschienen am 07.12.2018) auf Bandcamp downgeloaded werden können.

Drei Longtracks befinden sich auf dem mehr als einstündigen Album. Gerd hat sich fünf Jahre Zeit für die Produktion genommen, da er alles im Alleingang eingespielt hat.

Das Album beginnt mit dem 30:22minütigen Stück „The Tree“. Dem Stück liegt die Thematik einer riesigen, ca. 300 Jahren alten Eiche zugrunde, die im Jahr 1994 von Unbekannten mit einem tiefen Schnitt verletzt wurde. Das führte dazu, dass die Wasserzufuhr des Baumes nicht mehr ausreichend funktionierte und er langsam abstarb. Es blieb nichts anderes übrig als ihn im Jahr 2011 zu fällen. Unfassbar, dass es Menschen gibt die so etwas vollbringen können.

„The Tree“ beginnt mit einem recht einfachen Pianomotiv. Nach gut einer Minute kommt aber eine Melodielinie auf, unterstützt von Schlagzeug, Gitarre, Bass und weiteren Instrumenten, die ein gewisses Mike Oldfield-Flair verströmen. Gerd variiert die Harmonien und verflechtet sie wie es auch Oldfield auf seinen frühen Alben vermochte. Im Verlauf wechselt Gerd auch die Dynamik und den Rhythmus, was bei mir die Assoziation erweckt, wie der Baum in Panik gerät und zu Kämpfen beginnt. Aber auch eine gewisse Trauer scheint in den Klängen enthalten zu sein. Das klingt sehr atmosphärisch und wer die Oldfield-Frühwerke oder die stilistisch ähnlichen Alben des Briten Robert Reed mag, der wird hier voll auf seine Kosten kommen, auch wenn die Klangqualität nicht so transparent wie beim großen Briten rüberkommt.

Kühler und leicht monotoner, mit recht ambienten Strukturen, wirkt das zweite Stück „Clockwork For Uncertain Times“. In diesem 24:20minütigen Stück kommen weniger Instrumente, wie in „The Tree“ zum Einsatz. Auch ist die Nähe zu Mike Oldfield nun nicht mehr herauszuhören. Vielmehr verortet Gerd Weyhing dieses Stück in der elektronischen Ambientmusik. Durch den Rhythmus und die sich wiederholenden Klangfolgen wirkt es wie ein stetig arbeitendes Uhrwerk. Im weiteren Verlauf kommen dann aber weitere Harmonien und Klangfarben sowie die Steigerung der Dynamik hinzu, ohne aber die ambienten Strukturen zu durchbrechen.

Das Album wird mit dem 12:37minütigen „Silence And Ecstasy“ beendet. In diesem Stück hat Gerd Weyhing versucht eine 30 Kilometer lange Mountainbike-Tour zu vertonen. Dabei wird musikalisch der Anstieg zu einem Aussichtspunkt sowie eine schnelle Bergabfahrt, die am Ausgangspunkt endet, dargestellt. Mit einem Basslauf beginnt dieser Track, der sich dann in leicht Crimsonesquen Gefilden bewegt, während die Gitarre mich dann doch wieder etwas an Oldfield erinnert. Nach einigen Momenten geht der Track ganz gut ab (wird streckenweise gar krautig) und bleibt dabei immer melodiös. Das wirkt nicht verkopft sondern ist trotz seiner Komplexität eingängig.

Gerd Weyhing ist mit „SubTerraMachIneA“ ein abwechslungsreiches Album gelungen, das mit drei Longtracks, die unterschiedlicher nicht sein könnten, aufwartet. Dabei bewegt sich der Multiinstrumentalist zwischen Mike Oldfield, King Crimson und elektronischem Ambient. Ein schönes Album, das den Progfreund ebenso ansprechen wird, wie den Freund elektronischer Musik.

Stephan Schelle, März 2020

Rezension in Lingua Italiana

Athos Enrile hat eine Rezension von SubTerraMachIneA geschrieben.
Mille Grazie! Hier der italienische Text. Übersetzen mit Google Translate

Gerd Weyhing ‎- “SubTerraMachIneA”
Dicembre 2018

Etichetta:
Not On Label ‎– none
Formato:
CD, Album, Digitale
Paese:
Germany
Uscita:
07 Dec 2018
Genere:
Jazz, Rock
Stile:
Prog Rock, Psychedelic Rock, Minimal, Classic Rock

“Questo lavoro è influenzato da Mike Oldfield, Steve Reich e Robert Fripp…”

Con questa chiosa il musicista tedesco Gerd Weyhing mi ha incuriosito, un artista che non conoscevo e di cui si possono leggere le note biografiche nell’ultima parte di articolo.
Dal momento che Weyhing afferma di non aver mai ricevuto commenti al suo lavoro in lingua italiana, presumo che sia sconosciuto al grande pubblico nostrano e quindi, avendone la possibilità, propongo anche l’ascolto dell’album costituito da tre lunghi brani, la cui somma temporale raggiunge i 67 minuti. Notevole.

“SubTerraMachIneA” è un album totalmente strumentale, e quindi risulta prezioso il breve commento dell’autore che, per ogni brano, giustifica il titolo e ci regala l’ispirazione creativa, tra fatti concreti e allegorie.
Va da sé che l’interpretazione soggettiva del fruitore esterno resta sacra e rappresenta uno degli obiettivi da raggiungere, ma conoscere l’opinione di chi ha visto/sentito scoccare la scintilla può condurre ad una stimolante comparazione di stati d’animo.
La musica di Gerd Weyhing è… avvolgente, o almeno lo è quella che delinea questo progetto – l’unico al momento da me conosciuto -, un disco che ha avuto una lunga gestazione, iniziato nel novembre del 2013 e terminato nel dicembre del 2018.

La lezione dei maestri a cui Weyhing fa riferimento ad inizio articolo si dipana nel corso del primo giro di giostra, e mette in evidenza la forte necessità di minimalismo espositivo che si nutre di know how elettronico e di gioco spinto della ripetizione, un utilizzo di loop e soluzioni ripetute che sposano le atmosfere ambient che immagino siano figlie dei luoghi e delle situazioni in cui l’autore è nato e cresciuto, spazi che forniscono spunti che, ne sono certo, trascendono la materia.

Dopo aver letto la sua biografia mi sono fatto l’idea che il tipo di cultura di Weyhing abbia trovato consolidamento attraverso esperienze trasversali e approfondite, non focalizzate su un solo aspetto, e quando si possiede il talento e lo studio per poter spaziare a piacimento, spesso la soluzione è a portata di mano, un “Rasoio di Occam” che porta ad una rapida selezione, quella che indirizza verso la via più semplice, quella in cui ci si trova maggiormente a proprio agio.

Il disco mi piace, ho apprezzato la genuinità e lo sforzo di ricerca, e il fare riferimento alle conoscenze pregresse non significa copiare ma, ed è questo un caso limpido, trarre indicazioni per migliorarsi.
Devo anche dire che le parole di Weyhing legate ad ogni singolo brano mi hanno permesso di trovare con lui una buona sintonia, e il suo racconto è diventato improvvisamente il mio.
Ma credo che “SubTerraMachIneA” potrebbe colpire d’istinto, senza alcuna delucidazione.
Lo propongo quindi in toto, per condividere con il potenziale lettore una musica che non può lasciare indifferente.

In una scala da 1 a 10, il mio gradimento personale determina un bell’8, ma è possibile che successivi ascolti possano migliorare il mio giudizio.
Ecco cosa mi ha detto Gerd Weyhing a proposito delle tracce dell’album…

The Tree

<<“L’albero” da cui ho tratto ispirazione è una quercia gigante di circa 300 anni, martoriata nel 1994 in modo da farla morire lentamente, perché metà dei vasi che servono per il trasporto dell’acqua, dalle radici verso l’alto, furono tagliate consciamente, da qualcuno che sapeva quello che stava facendo. Alla fine, nel 2011, l’albero è morto, mai suoi resti sono ancora lì a ricordare un atto deprecabile. Nessuno ha mai scoperto chi abbia compiuto tale gesto e il perché.>>

Clockwork for Uncertain Times

<<“Clockwork for Uncertain Times” è un orologio incerto, a volte più grande e a volte più piccolo della vita stessa – almeno come la immaginiamo – un percorso di cui il misuratore del tempo diventa metafora.>>

Silence and Ecstasy

Un po’ di storia dell’autore

Gerd Weyhing è un compositore e musicista tedesco che si muove in area Progressive Rock e Ambient, descrivendo paesaggi sonori attraverso la musica elettronica.
Vive e lavora in un piccolo e tranquillo villaggio in Germania, Palatinate Forest, in una regione di bassa montagna situata nella Renania, in una sorta di parco naturale.
Fin dalla prima infanzia si appassiona a vari strumenti, tra cui la fisarmonica, il clarinetto e l’organo. Inizia a suonare la chitarra all’età di 14 anni e dal quel momento non si separa più dallo strumento.
Recentemente si è spinto verso la 12 corde arrivando a qualcosa simile al Chapman Stick, ed ha anche perlustrato il mondo delle percussioni.
Le sue ispirazioni includono i Beatles, Mike Oldfield, King Crimson, Gentle Giant, Genesis, Magma, Hedningarna, Klaus Schulze, Steve Reich, Nik Bärtsch’s Ronin, e recentemente si è avvicinato al Progressive Rock italiano degli anni ’70.
All’età di diciotto anni incomincia a comporre pezzi lunghi e complessi, con ritmi e metriche insolite, come “Sutherland”, suddiviso in 4 parti, la cui registrazione iniziò nel 2013.
Mentre si trovava nelle Highlands scozzesi conobbe Morris Pert (Brand X) che viveva in quel luogo, e con lui realizzò lunghe sessioni musicali, purtroppo mai registrate.
Negli anni ’90 è stato chitarrista, cantante e scrittore nella band progessive “Brightness Falls”, dal nome di una canzone di Robert Fripp e David Sylvian. La band si sciolse dopo pochi anni e i “resti” formarono i “B4 Sunrise” (Reinhold Krämer, Wolfgang Bechtluft e Michael Brückner ecc.).
Dopo aver cercato per molti anni di trovare un modo convincente di fare musica dal vivo come solista, scopre il software Ableton Live, e da un paio d’anni è in grado di realizzarsi in forma autarchica, suonando la chitarra con alcuni effetti dispositivi (loop, delate, ecc.) insieme a ciò che il software ha da offrire, gestendo l’arte di fondere sempre meglio il Guitar World e la Elettronica.
Con questo concetto, a partire dal 2012, ha iniziato a suonare dal vivo molto più spesso, soprattutto in Germania.
Il suo CD “The Hidden Symmetry”, registrato dal vivo nel dicembre 2011, è stato accolto bene dalla critica mentre il doppio CD “Journeys to Imposible Places” propone le migliori registrazioni dal vivo del 2013.
Gerd Weyhing raggiunge il terzo posto nella categoria “Nuove scoperte 2013” alle Schallwelle Award Elections.
Un ritorno alle radici fatto di composizioni strumentali lunghe e complesse, lo conduce al Prog-Rock-Album “SubTerraMachIneA” (2018).
Al momento Weyhing sta lavorando su un complesso setup live strumentale di 67 minuti (la durata dell’album), e su alcune tracce influenzate dal prog italiano, e sta componendo nuova musica nei settori di Minimal, Electronics e Progressive Rock.
Saranno molti i musicisti che lo aiuteranno nel percorso!

Tracklist:

  1. The Tree 30:22
  2. Clockwork for Uncertain Times 24:20
  3. Silence and Ecstasy 12:20

Collegamenti Web
Musica https://gerdski.bandcamp.com
Info: https://www.gerdski.de
Video: https://www.youtube.com/

Contatti:
Gerd Weyhing
Hauptstr. 40
D-76857 Rinnthal
Posta elettronica: woyng@woyng.com

Credits:
Basso, batteria, chitarra elettrica, tastiere- Gerd Weyhing
Artwork – Gerd Weyhing
Composizioni – Gerd Weyhing
Note di copertina – Gerd Weyhing
Mixaggio – Gerd Weyhing
Produzione – Gerd Weyhing
Registrazione – Gerd Weyhing

Review en francais über SubTerraMachIneA von Prog Censor

Centurion vom belgischen Prog Magazine Prog Censor schrob eine Besprechung von SubTerraMachIneA. Man kann sie auf der Original-Seite lesen oder gleich hier:

Gerd Weyhing
SubTerraMachIneA
musique progressive et sérielle – 67’09 – Allemagne ‘19
Après s’être exercé à la méthode du frippertronic (boucles sonores pratiquées par Robert Fripp), Gerd Weyhing propose, avec ce «SubTerraMachIneA», une nouvelle œuvre instrumentale dont les prémices débutèrent fin 2013 avec l’élaboration du titre «The Tree». Ce long morceau (30 minutes), qui évoque la douloureuse agonie d’un chêne trois fois centenaire auquel on coupa le système d’irrigation du tissu xylémique afin que l’arbre se meure à petit feu, évolue dans le canevas d’une musique à la fois progressive et répétitive. Thèmes et boucles en échos enchevêtrés, en progression instrumentale, qui rappellent parfois le Mike Oldfield d’«Incantations» et d’«Amarok». Et même si l’architecture et l’orchestration, un peu fouillis, ne permettent pas toujours d’adhérer complètement à la démarche de l’artiste, nous avons là une fresque musicale qui ricoche au mieux sur l’histoire contée. Certes perfectible, ce «The Tree» reste donc une belle entrée en matière à laquelle il manque sans doute un peu de fougue aux moments opportuns. Nous sommes en présence d’un musicien fouineur qui n’a de cesse de nourrir sa musique, et ceci se confirme avec le deuxième titre, «Clockwork for Uncertain Times». Long de 24 minutes, il nous plonge dans une ambiance un peu différente. En effet plus expérimentale, cette composition, à l’instar des engrenages du temps qu’elle veut décrire, fait songer au Art Zoyd de «Marathonnerre» et du «Mariage du Ciel et de la Terre». Une évolution polyrythmique entêtante dont le balancier nous entraîne, tel un mécanisme inéluctable au gré d’un voyage temporel articulé de sonorités captivantes et répétitives. Cette allégorie de la flèche du temps, cyclique, à l’entropie incertaine, est sans doute la pièce la plus réussie de l’album. Je pense que Gerd Weyhing tient là quelque chose de particulier…
L’album se termine sur «Silence and Ecstasy» qui illustre un parcours de 30 km effectué en VTT au travers d’un paysage vallonné. Mis à part une instrumentation parfois bancale (la basse), le morceau tient la route (c’est préférable en VTT) et évolue, après une introduction planante, sur quelques frippertronics et autres arabesques guitaristiques. Ajoutons aussi certaines digressions très légèrement jazzy (piano électrique) et parfois une touche sérielle qui évoque encore une fois certaines œuvres d’Oldfield… Voilà de quoi terminer en beauté un opus intelligent, travaillé, inventif mais auquel il manque parfois un peu d’équilibre et de rigueur instrumentale.
Centurion
3/5

Merci Beaucoup Centurion!

The Secret Life of the Fireflies -> Download now!

(english version below)

Die allererste Feuershow mit den Liebellen/Fireflies wurde aufgenommen und steht auf Bandcamp für 4€ zum Download bereit:

https://gerdski.bandcamp.com/track/the-secret-life-of-the-fireflies

Dies ist sowohl das erste Stück einer kompletten Feuershow-CD, die ich jetzt gerade komponiere/erstelle…als auzch ein Mini-Album mit 35 Minuten Spielzeit.

Sobald die CD fertig ist, wird man sie als Download und als Scheibe kaufen können. Und wer jetzt das Mini-Album kauft erhält die 4€ erstattet beim Erwerb des fertigen Albums. 🙂

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The first Fireshow with the Magic Fireflies has been recorded and is downloadable on Bandcamp for 4€:

https://gerdski.bandcamp.com/track/the-secret-life-of-the-fireflies

This is the first piece of a complete Fireshow CD that is just being composed as well as a Mini Album with 35 Minutes of running time.

As soon as the CD is finished it will be available as a download album and a CD-R. People who purchase the Mini-Album now are getting the 4€ refunded when they buy the album. 🙂

Foto von Koschi. Danke :-)
Foto von Koschi. Danke 🙂

Rezension von SubTerraMachIneA von Achim Breiling auf den Babyblauen Seiten

Achim Breiling schrieb etwas schönes über SubTerraMachIneA auf den Babyblauen Seiten:

Ein neues Album von Gerd Weyhing aus Rinnthal im Pfälzer Wald! “SubTerraMachIneA” ist dortselbst offenbar in den letzten 5 Jahren entstanden, und mit der Scheibe betritt er, zumindest im Vergleich zum von ihm auf vorherigen Veröffentlichungen (die dem Rezensenten bekannt sind) bzw. bei Konzerten (die der Rezensent beiwohnen konnte) normalerweise abgesteckten klanglichen Territorium, musikalisches Neuland. Weyhing baut nun nicht mehr vornehmlich auf effektverfremdete, schleifenbildende E-Gitarrensounds, sondern betätigt sich als proggender Multiinstrumentalist.

Gitarren stehen zwar auch auf “SubTerraMachIneA” oft im Mittelpunkt des Geschehens, doch erklingen dazu nun noch so allerlei weitere Klangerzeuger, z.B. ein Piano, ein Bass, verschiedene Akustikgitarren, diverse Keyboards, eine Tapping Guitar (also eine Chapman-Stick-Variante) und nicht selten auch Perkussives. Mit diesen Tonquellen entstanden in Rinnthal drei ausgedehnte Nummern von recht unterschiedlichem Charakter, die man aber alle als elektronisch-progressiven Rock bezeichnen kann. Soundscapeartiges, Ambientschweben und Kosmisch-Elektronisches, das meist die vorherigen Werke Weyhings beherrschte, ist auf “SubTerraMachIneA” kaum auszumachen.

“The Tree” beginnt mit etwas unbeholfen wirkenden Pianoläufen, die aber schnell an Sicherheit gewinnen und sich in repetitive Muster verwandeln, die im weiteren Verlauf das ganze Stück durchziehen. Bass, Gitarre(n) und Schlagzeug setzen ein, und die Nummer entwickelt sich in eine meist flott dahingleitende, durchaus abwechslungsreiche Prognummer im Oldfieldschen Geiste. Etwas lang geraten ist das Stück aber, das offenbar das langsame (Ab)Sterben eines Baumes beschreibt. Doch sorgen die minimalistisch geschichteten, sich oft wiederholenden Linien der verschiedenen Instrumente trotz der Länge für eine überzeugende hypnotische Dichte, auch wenn die Nummer in Bezug auf den Sound etwas mehr Saft und Kraft hätte vertragen können.

Minimalistisch ist ein Adjektiv, welches auch (oder noch viel mehr) auf “Clockwork for uncertain times” angewendet werden kann. Schlichter instrumentiert als “The Tree”, ohne allzu deutliche Oldfield-Bezüge, elektrischer und maschineller, erinnert die Musik in der Tat an ein dahintickendes Uhrwerk. Piano, viel (authentisch und vielseitig) programmierte Perkussion, Basslinien, verschiedene Tastensounds und der Stick erzeugen hier ein durchaus farbiges, repetitiv-hypnotisches, hallend-tackerndes Gemenge, das den Hörer (so er sich darauf einlässt) gefangen nimmt.

Das abschließende “Silence and Ecstasy” arbeitet sich etwas weniger gleichförmig, aber ähnlich dynamisch voran, sorgen schleifende Gitarrensounds à la Fripp, hallende e-pianoartige Linien, knurrende Bassounds und wieder allerlei Perkussion für eine erhöhte klangliche Buntheit. Hier ist der Stickprog aus dem rezenteren King-Crimson-Umfeld nicht so weit weg (siehe z.B. die klangmalenderen Improvisationen der Stick Men).

“SubTerraMachIneA” ist alles in allem ein unterhaltsames Album mit überzeugend dargebotenem Ein-Mann-Elektroprog mit DIY-Charme, das Babyblaue Leserinnen und Leser einmal antesten sollten, die Soundscapeartiges (wobei es das – wie gesagt – hier kaum zu hören gibt, oder nur eingebunden in repetitiv-rockmusikalische Muster), den eben erwähnten Stickprog, Retro-Oldfield-Prog und rockige Minimalmusic schätzen. Das Album ist auch als hübsch verpackte CD-R zu haben (siehe den Labellink oben). Schönes Cover!

Achim Breiling, 09.02.2019,

Rezension von SubTerraMachIneA von Nik Brückner auf den Babyblauen Seiten

Nik Brückner schrieb auch etwas über SubTerraMachIneA auf den Babyblauen Seiten. 🙂

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1994 verletzten Unbekannte eine mächtige, mehr als 300 Jahre alte Eiche bei Hauenstein in der Pfalz, um die vergangene Generationen traditionell ihre Feste feierten. Die Bestürzung der Hauensteiner war groß, aber trotz aller Bemühungen erholte sich die Dicke Eiche nicht mehr von dem tiefen Sägenschnitt: 2011 musste sie aus Sicherheitsgründen gefällt werden. Ihre Überreste befinden sich immer noch an dem Ort, an dem die Eiche einst stand. Die Täter wurden nie gefasst, die Gründe für ihre Tat sind unbekannt.

Gerd Weyhing, der ganz in der Nähe lebt, hat diesem Baum einen dreißigminütigen Longtrack gewidmet. Er beginnt mit einem einfachen, etüdenhaften Pianomotiv, das auf drei aufsteigenden Tönen beruht. Auf den ersten Hör klingt es ein wenig plastilinhaltig, auf den zweiten, dritten und alle weiteren auch. Doch bald wird dieses erste Motiv durch eine Variante seiner selbst ersetzt, schneller, flüssiger, der Bass tritt mit einem Viertonmotiv hinzu, und nach und nach werden neue, zusätzliche Instrumente hinzugefügt, die nach und nach neue Motive beitragen. So entsteht ein dichtes, oft polymetrisches Geflecht.

“Melodie wird überschätzt” sagt Weyhing, und ich weiß, was er damit meint. Immerhin identifizieren die meisten Proghörer ihren Prog nicht über Melodie, sondern über Rhythmik. Das heißt aber nicht, dass dieses Album nicht melodiös sei. Weyhing reiht sich in die Nachfolge Mike Oldfields ein, die in den letzten Jahren so interessante Alben wie die Andrew Taylors oder Robert Reeds hervorgebracht hat. Ähnlich wie der große Meister weiß Weyhing seine Instrumente effektvoll zu kombinieren, und schon über die Instrumentierung allein, Leben und Sterben der dicken Eiche zu illustrieren. Und ähnlich wie bei Oldfield gibt es bei Weyhing kaum einmal eine Hauptmelodie, die etwa als Gesangslinie in Frage käme. Die Melodien sind vielmehr subtiler, zurückhaltend ineinandergeflochten. Weyhing macht das mit sehr viel Geschmack und Gespür dafür, wann’s genug ist mit den vielen Melodien, den verschiedenen Schichten. Auch weiß er, Elemente Oldfield’scher Harmonik so einzusetzen, dass das Ganze zwar an den Meister erinnert, dabei aber immer eigenständig bleibt. Dafür, dass das Ganze über volle 30 Minuten trägt, sorgen wiederkehrende Motive und ihre Varianten; so kann man etwa die drei aufsteigenden Töne vom Anfang oder das Viertonmotiv im Bass in dem dichten Geflecht immer wieder entdecken.

Das Stück nimmt gegen Ende an Intensität zu, bis die Musik nach und nach abebbt, und schließlich verklingt. Und der Baum? Nach mehreren Anläufen ist es engagierten Menschen aus Hauenstein und Erfweiler gelungen, eine neue Eiche anzupflanzen. Bleibt zu hoffen, dass sie wächst und gedeiht, und selbst mindestens 300 Jahre alt wird.

“Clockwork for uncertain Times” rückt vom Oldfield-Approach ab, indem das Stück maschineller, kühler klingt. Dafür wirkt die Musik minimalistisch, berechneter. Das Layering-Prinzip wird beibehalten, ebenso die Polyrhythmik, und so bekommt man wirklich den Eindruck eines komplexen Uhrwerks, in dem zahlreiche Zahnrädchen verschiedener Größen ineinandergreifen.

Das abschließende “Silence and Ecstasy” beschreibt eine Mountainbike-Tour des passionierten Bikers Weyhing. Dementsprechend wieder abwechslungsreicher als “Clockwork for uncertain Times”, folgt man musikalisch einem Bike-Trail hinauf zu einem Aussichtspunkt, bis es von dort in rasender Fahrt wieder hinunter zum Ausgangspunkt geht.

Es gibt eine Diskussion darüber, welches Gewicht man Sound und Produktion bei der Bewertung von Musik einräumen sollte, und Gerd Weyhings “SubTerraMachIneA” ist, ähnlich wie “The Chaos Game” von Cabinets of Curiosity, das zur Zeit unser Zweittipp des Monats ist, ein weiteres in einer langen Kette von Argumenten dafür, dass man Sound und Produktion besser nicht besonders stark gewichten sollte. Bei der Bewertung von Musik, wohlgemerkt, nicht beim Genuss von Musik (der ist, häufig genug, davon vollkommen unabhängig). Denn Musik ist vom Talent abhängig, die klangliche Qualität bloß vom Geldbeutel. Wer wüsste das besser als ein Progfan! Von den heute technisch möglichen Klangwelten ist unsere Musik schließlich oft genug weit entfernt. Wer Musik wegen ihres Sounds ignoriert, oder wegen ihres Do-it-yourself-Approaches ablehnt, der hilft unserem Genre nicht nur nicht, er schädigt es sogar aktiv. Denn auf diese Weise bekommen ausgerechnet jene Musiker einen Malus, die ihn am wenigsten verkraften können: Die Jungen, die Unbekannten, die Bastler und Experimentierer. Weyhing ist einer davon. Gebt solchen Leuten eine Chance!

Nik Brückner, 28.03.2019, Babyblaue Seiten

The making of SubTerraMachIneA – Teil 1

Ich wollte schon längst etwas zum Entstehungsprozess der Platte schreiben. Immerhin hat das alles 5 Jahre gedauert, und in der Zwischenzeit muß man sich ja auch noch um Erwerbsarbeit, Steuererklärungen und die Biomülltonne kümmern. Also … was habe ich eigentlich gemacht in der ganzen Zeit?

1.) Komposition

Ganz am Anfang steht immer eine Idee. Nur eine. Die so gut ist, daß sie mir auch am nächsten Tag noch gefällt. Dann überlege ich mir, was ich damit machen kann. Eine einzelne Idee ist an sich nicht so wichtig…jeder hat ständig gute und schlechte Ideen. Aber nur der Musiker macht was draus. Ich versuche dann herauszufinden, was dazu passen könnte, wo die Idee hingehen kann, vielleicht zu einer weiteren Idee, und dann wäre es gut, wenn der Weg von Idee 1 zu Idee 2 spannend und stimmig ist.

Andere Ideen kommen irgendwann des Weges, gute und schlechte. Die schlechten schmeiße ich weg, die mittelmäßigen und ausbaubaren behalte ich, und die guten behalte ich natürlich auch.

So sieht das dann in Ableton aus

Meistens beginnt ein komponiertes Stück am Klavier. Ich notiere mir das dann in meiner undechiffrierbaren Geheimschrift und versuche es am nächsten Tag wieder zu entziffern, und in eine Software zu übertragen, meistens Ableton Live. Weitere Ideen kommen dazu, und dann wird daraus ein (hoffentlich spannender) Aufbau. Der Weg soll ja das Ziel sein.

Weil ich das jeden Abend mache kommt nach einiger Zeit ein Stück dabei raus, der Aufbau wird immer deutlicher. Jeden Abend 10-15 Sekunden…da kann ein 30-minütiges Stück wie The Tree schon mal ein Jahr dauern.

So…fertig komponiert. Eigentlich schon anhörbar., aber noch etwas leblos (weil es direkt aus dem Computer kommt).

Weiter mit Teil 2.) Aufnahme …